Estratti dai testi critici:
Gabriele Salvaterra in AreaArte, primavera 2024
Gli alberi e la natura in generale hanno da sempre costituito un’influenza importante per artisti e creativi. La portata persistente e atemporale di questi orizzonti, l’aspetto slegato dai fatti della cronaca, li hanno resi una riserva costante di confronto per la propria ricerca, per rinverdirla, rinnovarla, metterla in discussione, riconfigurarla.
Di seguito alcuni esempi che non hanno alcuna ambizione di completezza. Piet Mondrian, oltre che davanti al Mare del Nord, declina il suo abbandono della figurazione per abbracciare un’astrazione “digitalizzata” di linee verticali e orizzontali proprio davanti a un albero. Al contrario Brice Marden dopo anni di minimalismo oltranzista, riscopre l’organicità del reale percorrendo le sinuosità curvilinee di tronchi e fronde. Più legato a un contesto locale, il pittore trentino Paolo Vallorz, dopo ampie esperienze parigine, torna all’amore per le valli d’origine tramite le “sue” piante, rappresentate affettuosamente come fossero personaggi dall’umanità sconfinata.
È da più di dieci anni che Santina Ricupero frequenta questa strada con indipendenza. Un percorso che, appunto, non corrisponde ad alcun apparentamento stilistico o di movimento ma, semplicemente, si nutre di simili soggetti per dare forma al proprio lavoro. La sua pratica, ampia e multidisciplinare, si muove tra la fotografia, l’installazione e la tecnica mista. In particolare in quest’ultimo ambito la sperimentazione sui materiali, le rotture, le increspature e il libero montaggio di frammenti di opere preesistenti rappresentano un grande filone nel quale vengono accolte innumerevoli tipologie e possibilità di lavoro. Afferma l’artista: “Sento una forte attrazione per la natura, la vastità del paesaggio e i suoi elementi: rocce, pietre, radici. Le pietre delle cave e campagne siciliane, a lungo disegnate, tornano quasi inconsapevolmente nei collage. In essi la superficie è composta assemblando frammenti di carte prima manipolate e preparate con tecniche varie (acrilico, carboncino, oli, bitume…). Strappi e tagli lasciano intravvedere squarci di luce e i livelli sottostanti, quali tracce di vita preesistente che ci mostrano la stratificazione del tempo”. Osservando, infatti, le opere di Ricupero, forte è l’impressione di trovarsi di fronte a frammenti di realtà, approcciati dal punto di vista delle texture e delle superfici: cortecce, rocce, selciati, falesie, pietre, terreni. Stratificazioni che hanno a che fare con una costituzione orografica della Terra e che rendono evidenti le sue strutture e genesi interne, solitamente invisibili. Un modo, da sempre tentato dagli artisti, di entrare nei processi della natura e riuscire a descriverli, piuttosto che rappresentarli dall’esterno.
Ma la ricerca di Santina Ricupero non è neppure riconducibile totalmente a un rispecchiamento senza tradimenti delle qualità del “naturale”. A ben vedere questi stessi lavori costituiscono seconde nature che vivono nella propria autonomia, si fanno e si disfanno, vengono distrutte e riutilizzate per realizzazioni successive, costituendo palinsesti in movimento che contrastano l’aspetto permanente solitamente attribuito all’arte visiva. Sono, in effetti, opere che per il tramite delle piante e della natura ragionano sul tempo, un tempo più ampio di quello che solitamente contraddistingue l’esistenza umana. La serie Fragilità, carte anch’esse sofferte e sottoposte a un processo a tratti violenti, ha infatti come filo rosso la rappresentazione dei cerchi della sezione del tronco che la dendrocronologia studia per risalire alle origini della storia. Ma questo stesso tempo universale è quello che si può leggere sulle cortecce degli alberi, certo limitato a un orizzonte più circoscritto, ma sempre identico a se stesso, forgiato dalle stagioni e dalle annualità che si ripetono costantemente uguali e diverse.
Questa ossessione per la temporalità si vede confermata in una serie in apparenza molto diversa, intitolata Scritture del Tempo e dedicata a scatti fotografici diretti, simmetrici e frontali di tombe e loculi di cimiteri siciliani. Curioso che nel momento in cui Ricupero si dedica all’umano lo faccia attraverso tracce che sono presenti per assenza, quando la morte è subentrata alla vita e quando, anche, sui resti materiali della sepoltura si accumulano i segni di un romantico degrado e di una tendenza che mostra questi luoghi del rimosso avviarsi al ritorno all’indistinto della natura. Lavori molto distanti, in bilico tra grafica e fotografia, che fanno emergere però un’attenzione costante legata allo scorrere delle età e al posto che l’umanità, in questo passare inesauribile e nella natura, può avere.
Monica Mazzolini Un luogo sospeso tra ricordo e assenza, in Memoriae, Grafiche Turato 2022, catalogo della rassegna 2021-2022, Spinea, Venezia
Nel percorso che Santina Ricupero traccia all’interno del camposanto della sua città natale […] siamo di fronte ad un linguaggio antinomico. Da un lato dettagli che riconducono al culto dei morti, dall’altro la totale assenza di elementi iconografici e pochi segni. Mancano molti degli attributi che siamo soliti osservare a rappresentazione del defunto e dei gesti rituali che accompagnano la visita al cimitero. Le tombe, tipiche della cultura e della concezione Cristiana a cui apparteniamo, racchiudono in sé un culto pagano: la cura per le lapidi, i fiori per rendere omaggio, così come la presenza dell’effige a ricordare il volto della persona defunta. Ritratti, oggi spesso ricercati con cura negli album di famiglia ed un tempo anche realizzati appositamente, che la patina del tempo vela fino, talvolta, a farli scomparire perdendo il compito legato al ricordo.
Il volto, quella parte del corpo la cui funzione permette l’empatia e l’incontro con l’altro, lentamente svanisce così come con il tempo si lenisce il dolore e si trasforma. Nelle fotografie esposte non ci sono volti pertanto i sepolcri diventano universali. Mancano le immagini, pochi gli epitaffi ed i nomi leggibili incisi sulla pietra rovinata delle intemperie e talvolta dall’incuria, assenti i ceri votivi. Resta, seppur consunto, solo qualche fiore artificiale mentre in contrapposizione il muschio e le erbe selvatiche crescono rigogliose. Una dicotomia: morte e forza della vita. Un luogo d’incontro, meta di visite ad antenati e parenti che rassicurano nell’appartenenza e nella continuità. Luogo di ricordo poiché spazio in cui vengono deposti i resti mortali delle persone. Al contempo luogo di assenze mancando quella componente visiva, tanto importante per la percezione, che tramuta questo cimitero nel regno del silenzio. Assenza di voce che si può trasformare in desolazione, malinconia ma anche in senso di pace e preghiera. Un luogo da intendere come contesto materiale oppure da elevare ad una condizione spirituale dal forte impatto emotivo e di significato.
Pier Paolo Fassetta La forma celata la natura ritrovata, in Il tempo narrato, Grafiche Turato, 2018 catalogo della mostra a San Donà di Piave, Venezia
[…] Dalle manifestazioni misteriose della natura si è generato un principio di relazione con la forma che in sé accoglie le emozioni contrastanti dell’atto primigenio della creazione. E’ in questo senso che l’azione dell’artista penetra nella materia grezza per riscattarne l’energia vitale in essa racchiusa nella sua essenza arcaica.
Questo, a mio giudizio, è il punto di partenza per una riflessione sull’opera di Santina Ricupero, che da diversi anni, instancabilmente, dialoga con i materiali, tra superfici corrose e annerite, apparizioni tridimensionali di presenze che trapassano il tempo e lo spazio, installazioni come dialoghi a distanza tra grandi schermi solcati e forme naturali residuali. […]
Tiziana Agostini Materia in divenire, in Il tempo narrato, Grafiche Turato 2018, catalogo della mostra a San Donà di Piave, Venezia
[…] La materia plasmata conserva la necessità e l’intensità del gesto creativo, i segni della progressione del lavoro; non azzarda un divenire compiuto, terso e splendente come marmo che riluce, di cui appagarsi. Quando qualcosa di bello nasce sulla Terra, si tratti di sentimento, manufatto o creatura, è stato infatti preceduto da un faticoso travaglio: anche lo sguardo estatico della madre che contempla il bambino uscito dalle sue viscere è incorniciato da una chioma scarmigliata dal dolore e dal sudore rappreso della fatica.
Tra affanno e beatitudine si snoda l’esistenza degli umani e in questo varco Santina scava e cerca. La sua natura di artista è alimentata dalla potenza primigenia della grande Madre Terra, il suo è un cuore atomico che si dispiega nelle sfumature cangianti dei neri e delle ruggini.
Con le sue opere ci riporta alle origini di tutto, a prima ancora che la storia sia stata scritta, per ricomporre le lacerazioni del futuro. […]
Gianfranco Quaresimin Tracce in Il tempo narrato, Grafiche Turato 2018, catalogo della mostra a San Donà di Piave, Venezia
[…] I fogli di Villa Pisani, srotolandosi, già dimostravano evidenti segni di insofferenza nei confronti dello stesso peso specifico del supporto. Andando con la memoria ricordo quando accennavi a certi configurazioni dai segni linguistici misteriosi ( comparve allora la croce ), mentre successivamente ritornava il leitmotiv del tuo guatare, empaticamente, dal modello l’eco magico della sua energia vitale: bionica negli alberi e nelle figure, resto del gesto umano nei panneggi o traccia su di essi di un soffio animatore, forse l’impressione di una leggera presenza che a volte si rivela nel ridotto teatrino della natura morta[…].
Assunta Cuozzo Presentazione Oltre i Menhir, Villa Pannonia, Lido di Venezia, 2017
[…] L’artista è capace di umanizzare i contenuti e i mezzi espressivi nell’atto stesso di rappresentarli, superando la pura e semplice osservazione del particolare, per unificare i molteplici significati e le sensazioni provenienti dalla realtà. Le sue opere sono pervase da un cromatismo che si fa trepidante […].
Tiziana Agostini Prefazione, Immagini tra cielo e terra, Grafiche Turato, 2013, catalogo della mostra all’Isola San Servolo, Venezia
. […] L’opera più recente di Santina Ricupero, in uno sviluppo coerente con la sua precedente ricerca espressiva, lancia un dilemmatico interrogativo che riguarda il senso dell’esistenza, che consuma e si consuma, come le carte combuste delle sue opere, come lo spiegazzarsi di un foglio, prima levigata superficie […]…Sono anche i toni bruciati della ruggine a fare la loro comparsa, i neri franti come ferite vulcaniche sulla crosta terrestre. E sono i cerchi ipnotici che si propagano sulle superfici fino a comporsi in forma di quadro. L’arte di Ricupero sembra uscire più dalla fucina di Efesto che da un lindo studio pittorico, sonda le viscere della terra per dare senso alla fatica del vivere, […]
Caterina Castellani Geografia della materia, in Immagini tra Cielo e Terra, Grafiche Turato, 2013, catalogo della mostra all’Isola di San Servolo, Venezia)
[…]L’artista mette in pratica una ricerca quasi prospettica, dove vengono coinvolti più piani spazio–temporali. La qualità della presenza è quella della mappa, una geografia della materia, nella quale si intravede appena la memoria della descrizione del reale, dove linee e intersecature di un ideale macrocosmo si fanno vene e venature del microcosmo umano. Una mappa geografica del proprio animo, calco della propria interiorità. Emergono più mondi, dove le tracce lasciate dai tentativi di recuperare si confondono con la ricerca dei propri confini; da tale aspirazione all’unità emergono immagini che svelano stratificazioni di significato. […]
Ivan Giovanni Bianchi Ricomporre l’infranto, Presentazione, catalogo della mostra alla Galleria Arké, Venezia, 2014
[…] Queste opere richiamano infatti una lacerazione interiore dove grande importanza ha il segno del tempo che alimenta la memoria, intesa come un incessante rifluire di relitti e frammenti di ricordi. Sono antiche pergamene, brandelli di misteriose mappe, isole dalle coste frastagliate che fluttuano nello spazio. Le carte bruciate, a volte assemblate, accostate e sovrapposte con estrema delicatezza e raffinatezza, danno vita ad una geografia dell’anima, ad un paesaggio friabile ed effimero come di fatto è la nostra vita. Vi è però il tentativo di ricomporre l’infranto, in particolare dei collage, dove le carte riacquistano una loro composta solidità. […]
Maria Angela Tiozzi Immagini tra cielo e terra, Grafiche Turato, 2013, catalogo della mostra all’Isola San Servolo Venezia
[…] Quei tronchi cavi, scavati, avvitati, spezzati –Alberi della Vita e della Conoscenza – dall’andamento serpentino, come di corsi d’acqua accidentati, hanno perso ogni riferimento oggettivo lasciando ora la loro pelle come traccia del passaggio nel mondo della materia. Gli alberi e gli arbusti rappresentati nei disegni e pitture degli anni 2002-2005, con nervosi segni di grafite che liberavano echi di antica statuaria greca, di presenze e sagome ariose assurgono ancora adesso a soggetto privilegiato sotto mutate spoglie, insieme al motivo della spirale (…). (…) i cerchi concentrici, che confluiscono in spirali, riconducono all’idea dell’ineluttabilità del processo della morte e della rinascita mentre su tutto echeggia la voce della Natura come madre, eternamente creatrice. […]
Gian Antonio Cibotto Immagini poetiche dell’infinito in Anemos , Maioli Editore, 2005, catalogo della mostra a Ca’ dei Carraresi, Treviso
[…]Santina Ricupero continua il suo viaggio sulle ali di una fantasia che mi ricorda certe pagine di mistici protesi ad offrire immagini poetiche dell’infinito. Reso con un’alternanza di tracce e di segni che magicamente riescono a fondere lo scatto d’istinto con il disegno razionale in una sorta di volo fantastico diretto verso un ordine sconosciuto. Che a tratti alterna l’immagine della primordialità con lo scatto in avanti verso lontane profondità. […]
Gianfranco Quaresimin Una lettera, in Anemos, Maioli Editore, 2005, catalogo della mostra a Ca’ dei Carraresi, Treviso
[…] I fogli di Villa Pisani, srotolandosi, già dimostravano evidenti segni di insofferenza nei confronti dello stesso peso specifico del supporto. Andando con la memoria ricordo quando accennavi a certi configurazioni dai segni linguistici misteriosi (comparve allora la croce), mentre successivamente ritornava il leitmotiv del tuo guatare, empaticamente, dal modello l’eco magico della sua energia vitale: bionica negli alberi e nelle figure, resto del gesto umano nei panneggi o traccia su di essi di un soffio animatore, forse l’impressione di una leggera presenza che a volte si rivela nel ridotto teatrino della natura morta.[…]
Guglielmo Monti Lo scarabocchio eloquente, in Anemos, Maioli Editore, 2005, catalogo della mostra a Ca’ dei Carraresi, Treviso
[…].. Come nei migliori esempi di “ action painting “, la gestualità non si traduce in astrazione concettuale, ma in una radicale riconduzione dell’arte a pulsione vitale, capace di porsi al di qua di ogni preconcetto intellettuale per arrivare ad esprimere le cose nel momento del loro accadere. C’è in questa posizione una grande umiltà di fondo che spinge a sospendere il giudizio per dar modo alla fisicità di manifestarsi, facendo diventare forma il gesto.E’ dunque implicito un invito al dubbio da cui discende il rifiuto di rifarsi pedissequamente all’aspetto visibile del mondo, sospetto di veicolare giudizi dati per scontati (….) La prova che i suoi segni, in bilico tra cabala sentimentale e aspirazione alla forma, mantengono un loro vivace vigore, è data dalle loro ultime evoluzioni. Dalla loro amalgama sta infatti nascendo come dall’astronave supertecnologica di “ Solaris”, qualcosa di nuovo e di antico. Emergono dai grovigli colorati forme naturali, riproposte dalla loro genesi, dinamicamente connesse ai materiali, tratti violentemente tracciati sulla carta, ma pur sempre identificabili come foglie, tronchi, brandelli di vita. […].
Enzo Santese, Presentazione, Dipinti e disegni 1997-2002, Museo Nazionale di Villa Pisani, Stra, Venezia, 2002
[…].Domina tutta l’opera il concetto di volo fantastico verso quote solitamente inarrivabili, da cui è possibile cogliere l’effetto di entità in movimento che rispondono a una forte attrazione gravitazionale. La pittura infittisce talvolta la trama di gesti, imprime volumi, crea sbarramenti, si determina in tal modo l’idea di un paesaggio immaginario che scatta in avanti con prospettive improbabili. […].
Francesca Brandes in Trasversali dell’infinito, editrice Istina, 2001, catalogo della mostra alla Cappella Sveva dell’Arcivescovado di Suracusa
[…]…Così l’ambiente ottico, nelle opere di Santina, si satura ed assieme trasmette luce: è un contesto granulare, discontinuo, come composto da una specie di pulviscolo rifrangente, mobilissimo. E’ il modo particolare con cui l’artista correla la continuità della luce e la discontinuità della materia. Allora – ecco il punto in cui pensiero e visione si toccano – il pulviscolo fisico acquista una pregnanza metafisica, come se rappresentasse, nell’idea forte di Santina, il confine ideale tra un’energia trascendente e la passività del creato. La sua è un’estrema possibilità transitiva. Così assume un’importanza determinante lo spazio stesso dell’opera, disegnato come si traccerebbe un campo di forze; la curva centripeta degli oggetti – tralicci e turbine, steli e rocce, trascinati in volo dalla loro stessa presenza – determina aggregazione, si fa punto di gravità. Materia che scivola veloce verso il tempo ultimo della parusìa, nell’attesa finale di una rivelazione […].
Loretta Daminato in Latomie, catalogo della mostra di Villa XXV Aprile, Mirano, Venezia, 1991
[…].Ci sono luoghi che ci portiamo dentro, “ invisibili agli altri, ma così presenti nel nostro sentire, da far dipendere ogni altra forma di immaginazione e così siamo consapevoli che per poter vedere noi partiamo da lì, da dove muovono le nostre emozioni […]. Non c’è evocazione del luogo nativo, ma c’è attrazione per le sue forme primigenie dove le forze dinamiche ancora si controspingono, lasciando nell’aria l’eco della loro energia. E’ una energia che Santina sa di poter catturare attraverso una pittura leggera ma nel contempo forte di spessore[…].
Antonello Trombadori Pitture scritte nell’aria in Latomie, catalogo della mostra all’Oratorio di Santa Maria Assunta, Spinea Venezia, 1993
Segni che fluttuano sulla materia da levigare, segni che imprimono il senso, aperture di luce e filtraggi di colore che pesano lo spazio, ne fissano la durata più che la estensione […]. Le sue sono pitture scritte nell’aria, composizioni che embricano la luce come lascito della memoria visiva e mentale[..]. Il lavoro di Santina è nella palpitante mania di lavorare lo spazio, intelaiarlo con strisce e frecciate di colore, annerimenti improvvisi e opacità volute. E’ una pittura di paesaggio che scrive dell’anima e delle sue passioni. Siracusa, e i sui luoghi, anche come “ metafora”. Ma soprattutto “ritmi”, cioè oscillazioni della vita, non regola fissa, sono le fonti della sua passione del narrare[…].
Gianfranco Quaresimin in Percorsi, catalogo della mostra di Villa XXV Aprile, Mirano, Venezia, 1991
[…].La sua pittura è memoria di una terra, suggestione rimasta nell’anima: un narrare di pietre, terre, acque ed erbe in un intrico di panica, mediterranea commistione […]. Nei contenuti, i primi paesaggi di Santina, fissano insiemi organizzati di architetture (i panorami) con rapide luci scartanti da muri densi di riverberi barocchi. Successivamente, le pietre ritornano sparse nel terreno in condizione di puro stato geologico o sprofondano in un passato di rovine […]. Nella parte finale di questi percorsi […] il segno riappare sotto nuovi aspetti semantici, riaccampandosi, innervante come dei finimenti la superficie pittorica e lasciando della poesia delle pietre solo il ricordo di una sismologica definizione[…].
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